È domenica primo agosto. Dalla residenza estiva di Castelgandolfo, Papa Paolo VI, affacciandosi alla finestra durante l'Angelus domenicale delle ore dodici, esprime la sua ammirazione per la nuova impresa lunare che vede impegnati i tre astronauti di Apollo 15, David Scott, James Irwin e Alfred Worden. Con una "chicca" finale del Santo Padre.
"Siamo anche noi attenti all’affascinante impresa dell’Apollo 15, di questi giorni. Impossibile rimanere insensibili. Noi la accompagniamo con la Nostra ammirazione, i Nostri voti le Nostre preghiere. E quante riflessioni nascono dall’osservazione di un simile fatto, anche se non è, in sostanza, il primo! Ma esso è di tale singolarità e natura che obbliga, una volta ancora, a rendere onore all’uomo, ancor prima che all’avvenimento di cui è autore. Egli ci appare impegnato e vittorioso in uno sforzo dominatore incredibile. Ammiriamo il suo ingegno, la sua abilità, la sua audacia. Egli sovrasta, in un’apoteosi di scienza e di tecnica. Ma egli ci appare, come non mai, inventore e scopritore, non creatore. L’essere, il cosmo, lo precede, e gli apre uno spiraglio sui suoi misteri, sulle sue immensità, sulle sue profondità. E il panorama da fisico si fa filosofico, si fa teologico, Anche a noi, cittadini della terra, e avvezzi a guardare il quadro della natura circostante, un sentimento imperioso di meraviglia e di curiosità metafisica si impone; e nel nostro spirito non sfugge all’alternativa della duplice risposta: o il mondo materiale e naturale è principio di se stesso, e causa del suo essere - la risposta monista, panteista, quella che chiude il passo all’intelligenza trascendente delle cose, e la obbliga a rinunciare al dialogo inebriante col Principio vivo, sapiente, onnipotente e finalmente amoroso dell’universo; ovvero il mondo è creato, è generato da un Pensiero, da un Verbo, che si pronuncia misteriosamente nell’essere delle cose e nella loro decifrabile intelligibilità; e allora ecco che il mondo ci appare come il libro che dobbiamo leggere, mediante l’uso, lo studio, e la scienza, che alla fine traboccano in preghiera, in religiosità; e se per felicissimo caso una parola diretta ci venisse dalle labbra stesse del Creatore, noi avremmo la fede, il colloquio diretto, la beatitudine di una supervisione dell’universo. Riconfermiamo, ad ogni modo, questa Nostra persuasione del posto non mitico, non abusivo, non superfluo, ma centrale, luminoso, vitale della religione nel quadro immenso e stupefacente della realtà quando si fa verità. Non indarno, anche se ormai lontano, il precursore dell’astronomia moderna, Kepler, col suo libro sulle Armonie dell’universo, intravide le analogie delle forme matematiche innate dello spirito umano con le leggi fondamentali del cosmo. Impariamo ad ammirare e a celebrare in noi il Dio parlante nel muto linguaggio della natura, della terra e del cielo.
Eccovi ora una notizia privata, ma di grande e comune interesse; è la risposta che i tre astronauti hanno mandato ad un Nostro confidenziale messaggio augurale prima della loro partenza. Essa è rivolta alla nostra Delegazione Apostolica a Washington:
«Noi dell’equipaggio di Apollo 15 vorremmo esprimere il nostro sincero apprezzamento per i pensieri e per le preghiere di Sua Santità Paolo VI e per le vostre considerazioni nell’inviare il messaggio a noi come pure per i vostri buoni auguri. Noi intraprendiamo il viaggio agli Hadley-Appennines col desiderio che la conoscenza che procureremo e che le scoperte scientifiche derivanti da questa missione faranno progredire la vita dell’uomo dappertutto nel mondo. Il nostro viaggio è per tutti gli uomini, e noi speriamo che i talenti che Egli (Iddio) ci ha dati ci metteranno in condizione di corrispondere alla soddisfazione di coloro che tanto gentilmente appoggiano la nostra impresa. Rispettosamente (firmato) David R. SCOTT, Colonnello; Alfred M. WORDEN, Maggiore; James B. IRWIN, Tenente Colonnello, astronauti della NASA».